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lunedì 25 agosto 2014

Il fervore nei filari

La dolcezza delle mattine di fine estate non ha l’ardore dei mesi più caldi ma costituisce la mirabile sintesi delle sue atmosfere, dei suoi profumi, dei suoi colori.
Il silenzio tra i filari è affascinante.
Guardo i vigneti, disposti su file parallele con ordine ossessivo, i grappoli d’uva luccicano, pieni e vigorosi, sotto il sole.

Fra poche settimane i vignaioli sistemeranno per bene le cantine, le macchine per la pigiatura, le botti. Partiranno col bel cesto di vimini, una forbice, un paio di guanti da lavoro.
In mezzo ai filari incominceranno a recidere i grappoli ambrati di uva appassiti dal sole, ripulendoli dalle parti marcescenti, liberandoli dalle foglie, per riporli nel contenitore.
Compagne di lavoro, non gradite, saranno le api che ronzano intorno ai chicchi in cerca del dolce succo. Si rinnoverà così un rito millenario.


Non c'e' altra pianta al mondo celebrata dall'arte e dalla letteratura come la vite. Fin dai tempi più antichi i poeti hanno dato libero corso alla loro creatività per cantare le lodi della vite e del miracoloso nettare che se ne ricava. Le virtù del vino erano decantate anche dai più autorevoli storici della Roma “Caput Mundi” repubblicana. Gli antichi cerusici consigliavano un bicchiere di vino color rubino per salvaguardare il buon fluire del sangue.
Le cose sono molto cambiate rispetto al passato.
Anni fa, per pigiare l'uva all'interno dei tini, si usavano i piedi.
Con una scala si saliva ai bordi di questi grandi mastelli di legno, calandosi dentro e tra canti, battute sagaci e risate, fatti anche per meglio sopportare la fatica, si lavorava fino a sera.
Le donne, di tanto in tanto, spillavano dal tino alcune bottiglie di succo d'uva e lo distribuivano in bicchieri a quelli che lavoravano. Altro ne tenevano da parte per preparare, la sera, quelli che allora ci sembravano dolci meravigliosi.

Guardando i filari mi torna alla mente Bacco, divinità pagana nel cui nome si celebravano gli allegri riti della gioiosa vendemmia. Gli affreschi rinascimentali delle antiche ville patrizie, lo ritraggono beatamente grasso nel corpo ed ebbro nello spirito, con le tempie adorne di tralci ricchi di grappoli.
Se poteste recarvi in mezzo ai filari, chiudere gli occhi e lasciare corso alla fantasia apparirebbero, ne sono certo, i festosi cortei di danzatori e musici.
I vecchi dicevano che il vino nasce nella cantina.
Ma io dico che tra il profumo dolciastro del mosto che bolle, il tic tac ritmico dei torchi, l’odore acidulo delle vinacce, vive una cultura millenaria, la storia della nostra terra.

Un patrimonio culturale ed antropologico. Ogni bottiglia di vino è come una poesia che si scopre nel colore, si legge nel profumo, si interpreta col gusto.
Un evviva a tutti i produttori e i winemaker, autentici creatori del gusto che permettono di realizzare vini di carattere, fascino e personalità.
Che la vendemmia sia con voi!


Federico II, "Stupor Mundi" e la rocca di Castel del Monte

Nell'agro di Andria, città tanto amata da Federico II di Svevia, a lui fedele fino alla fine, si erge su di una collina, l’affascinante Castel del Monte.
Si tratta di un misterioso e curioso maniero unico al mondo, che Federico II, definito dagli uomini del suo tempo, lo “Stupor Mundi”, fece erigere negli ultimi anni del suo fortunato regno.
Gli studiosi pensano che si trattasse di una residenza di caccia, un luogo di riposo per il sovrano così oberato dagli impegni continui del regno.
Moltissimi, però, vogliono dare un significato esoterico a una costruzione così particolare, immersa nel paesaggio brullo ma dolce dell’alta Murgia, vicino alla valle dell'Ofanto, tra viti e ulivi secolari.

Castel del Monte ha una forma ottagonale, il colore bianco della roccia calcarea e differenti stili architettonici che donano bellezza all'insieme.
Man mano che ci si avvicina all'altopiano su cui troneggia il castello, pensi sempre di trovarti davanti a un mistero.
Davvero qui si rifocillavano i Templari prima di recarsi in battaglia?
Davvero qui Federico II viveva notti infuocate con le sue concubine?
E cosa c’è di vero sulle tradizioni sicuramente leggendarie che parlano di misteriose presenze demoniache che ancora oggi nelle fredde notti d’inverno si paleserebbero a chi si avventura da queste parti in piena notte. E perché il castello non ha una struttura difensiva solita, mancante com'è di fossati, ponti levatoi, finestre protette?
Eppure la sua posizione è molto strategica, dominante a 360 gradi sulla vallata.

Siamo, insomma, davanti a una rocca atipica che cela misteri a non finire, a volte anche inquietanti.
La sua forma ottagonale, singolare, fa distinguere Castel del Monte da qualsiasi altra fortezza. Era forse qui il ritiro di Federico, sovrano erudito che amava l’astronomia, studiava l’astrologia, ascoltava musica dotta, praticava le lettere.
Era sempre qui che, molto probabilmente, invitava uomini di alta cultura per improvvisati cenacoli d’arte. Il mistero più grande, comunque, rimane la forma ottagonale.
Otto torri, altrettanti spigoli, il numero che ricorre ovunque.
Otto le tombe sotterrate che la leggenda vuole contengano gli altrettanti corpi dei crociati che tornarono morti dalla guerra santa, protagonisti e campioni dei templari.
Un’altra gustosa storia, a cavallo tra leggenda e realtà, racconta di un’abbazia benedettina che si trovava su questo colle, Santa Maria del Monte. Federico avrebbe costruito il maniero proprio a ridosso del monastero e appena dieci anni prima di lasciare la vita, rubando pezzetto su pezzetto la terra ai religiosi.
Eppure, pare che il sovrano sia stato da queste parti poche volte, oberato com'era da migliaia di impegni. L’ottagono rappresenta pure il simbolo della fusione tra la natura umana, rappresentata dal quadrato, con la natura divina rappresentata dal cerchio.
Un grande affresco celebra questa unione tra materiale e immateriale nella Cappella Palatina di Acquisgrana,
anch'essa, indovinate un po’, di forma ottagonale, naturalmente.

Ulteriori motivi di fascino del maniero sono le pietre coralline con le decorazioni e gli stucchi bianco candido, i diversi stili dell’interno, dal romanico al gotico fino al normanno che tanto piaceva allo Stupor Mundi.
Ovunque si possono riconoscere tributi al cristianesimo, all'Islam e all'Ebraismo che questo grande imperatore amava sempre amalgamare e unire.
Girovagando per le stanze del piano superiore si possono scoprire eleganti bagni, camini giganteschi, ingegnose cisterne, scale a chiocciola che salgono in senso anti orario e stanze che invitano a fantasticare su di un mondo ormai scomparso, quello dorato del periodo svevo.

Le ultime emozioni, Castel del Monte le regala all'estasiato visitatore, attraverso le sue grandi finestre a bifore, una affacciata a nord su Andria a trifore, con i loro gradini adibiti a comodi sedili in pietra dove sicuramente gli ospiti del sovrano si intrattenevano in amene discussioni.


Per arrivare a Castel del Monte con l’auto si deve uscire percorrendo l’Autostrada A14 (Bologna – Taranto) in direzione Barletta/Andria, una volta passato il casello autostradale, si prosegua sempre dritto, su una tangenziale alla città di Andria superando una rotonda e continuando dritto, dove si troverà la segnalazione Foggia che immette sulla statale 98,
alla 5° uscita si vedrà nitidamente il cartello marrone che indica l’uscita sulla SS 170 Dir che conduce direttamente ai piedi del Castello (circa 20 km da Andria).