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martedì 30 settembre 2014

La libertà secondo San Francesco

Sono molti gli spunti di riflessione che si possono fare nel parlare di libertà e di come intendeva questa parola il serafico Padre Francesco.

Scriveva un filosofo dei primi del novecento che:
 “Per essere veramente liberi non ci vogliono sforzi, né essere giovani o tanto meno dover ragionare molto. Quello che manca è solo la capacità di muoverci fuori dagli schemi mentali che ci opprimono … Colui che pensa come marxista, non pensa, colui che pensa come musulmano non pensa, colui che pensa come cattolico non pensa”.

 In pratica siamo come schiavi delle ideologie, mentre un vero profeta che vuol portare il Regno di Dio ai fratelli deve elevarsi per aprire nuovi orizzonti.

In effetti a ben guardare, sembra proprio che l’uomo non possa fare a meno di essere in qualche misura schiavo di qualcosa o peggio di qualcuno.
Quasi sempre ci si lega volontariamente con pesanti catene, per poi lamentarsi della libertà perduta. Oggi si affida la propria vita a un’idea, a un obiettivo vitale e non si è quasi mai capaci di elevarci sopra gli schemi da noi stessi costruiti per essere liberi di volare, capaci di pensare qualcosa di nuovo. L’uomo abbina sempre la sua presunta libertà alla felicità, alla gioia.

La domanda da porci allora è:
Da cosa ci aspettiamo possa dipendere la felicità o meno nella nostra esistenza?
Quali strategie dobbiamo adottare per riempire il vuoto che avvertiamo di tanto in tanto nella nostra vita?

Per chi come me è francescano, diventa necessario rapportarsi a Francesco nel parlare di vera libertà e di autentica gioia.
Il poverello d’Assisi era un uomo davvero libero.
Perché? Facile, si era spogliato di tutto e non solo materialmente.
Era libero perché sapeva essere in ogni cosa e gioire di ogni cosa.
Il messaggio che lui ci manda, la strada che ci mostra per diventare veramente uomini e donne assolutamente liberi è quella di essere in grado di esistere nell'unica dimensione per cui vale la pena
esistere che è quella dell’amore.

La libertà vera esiste e passa attraverso quel piccolo libretto che si chiama Vangelo!

Padre Silvio, nostro assistente spirituale nella fraternità del Terz'Ordine di Teramo, ben rimarca in un suo scritto:
“Nella nostra vita è importante solo il Vangelo, non la persona che lo predica, né le sue forme, non l’interpretazione che ne danno. Importante è interpretare il messaggio personale che racchiude per ognuno di noi”.
Verissimo, possiamo sapere se la nostra vita di cristiani è giusta solo ascoltando Gesù.

San Francesco lo aveva ascoltato e sapeva bene quale fosse la cosa più importante nella sua ricerca della libertà e della gioia, quella che appassiona e deprime tutti noi, tormentandoci sempre, sin dall'inizio della nostra vita.
Il serafico Padre si aspettava che i suoi frati dessero esempi di santità, così da esaudire il suo desiderio, quello della conversione del mondo?
Certamente si, ma non era quello il suo più grande anelito che albergava nell'anima.
Francesco non cercava successo o riconoscimento.
Il suo scopo vitale era solo quello di riposare nel cuore di Dio.

Ecco la Perfetta Letizia!
Ecco la vera gioia, l’essere nel seno del Padre, sicuri di non essere mai abbandonato da Lui.

A ben guardare è l’unico desiderio che non genera paure, ansie, tensioni e delusioni. La base della sofferenza sono i desideri terreni.
Mettiamo tutte le energie nel raggiungere uno scopo, una cosa, una persona, ci attacchiamo come l’edera a questo smodato desiderio che invade l’anima e poniamo la nostra effimera felicità nel raggiungimento di un qualcosa, esaltandoci quando lo si ottiene e deprimendoci fino alla malattia quando non si possiede più.

In Francesco il respiro diventa così profondo e grande da accogliere ogni respiro del mondo, il nostro invece più che un respiro è un rantolo.

Qualcuno potrà obiettare:
 “Ma chi ci dice che questa sia la vera libertà. Io come posso gioire e sentirmi libero se ho sofferenza”?

In effetti Padre Silvio dice qualcosa di forte e di strano:
“Il dolore e la sofferenza esistono solo quando non li accetti … la radice della sofferenza è l’attaccamento, il desiderio … “.
Desiderio insano è quello di volere essere osannato da tutti, quello di voler possedere l’altro, di avere enormi capacità economiche e via dicendo.
Tutti dipendiamo da qualcuno o qualcosa dice Padre Silvio.

Cosa vera! Eppure pensiamoci bene!
Francesco da più di 900 anni chiama a sé milioni di persone aiutandole a cambiare e nel suo tempo non c’erano radio, tv, internet, twitter, face book, non c’erano smartphone, tablet, non c’erano uffici stampa. Francesco non era un pazzo o un eccentrico o un superman. Non era un professore universitario, un politico o un re, non aveva poteri. È stata solo una persona che a un certo punto della sua vita, e badate bene che è stata solo di circa 40 anni, è riuscito a vedere la straordinaria luce che sostiene il mondo.
Ecco che la sua fama però si diffuse dappertutto come una sorta di benefico tsunami, perché con lui c’era lo Spirito Santo che attraverso di lui entrava beneficando nella anime inquiete.

Un pochino come accadde al primo grande giornalista del mondo che fu Paolo di Tarso, evangelizzatore di tutti. Anche per lui il messaggio corse ben più veloce delle navi che prendeva o dei piedi che usava.
Ecco perché possiamo essere certi, di là dalla nostra fede, che la vera libertà, la vera gioia, risiede davvero nel seno di Dio.

Francesco è l’esempio di come per sempre si possa essere fonte di energia per gli altri, di rinnovamento per milioni di persone, anche dopo essere scomparsi.
Il messaggio che oggi siamo chiamati noi francescani a portare agli altri è che,
“Dobbiamo uscire dalla programmazione del mondo e svegliarci. 
Ci hanno programmato per essere felici o infelici secondo se si spinge il bottone della lode e della critica, creandoci confusione …”.
 Basta con l’essere anestetizzati dalle cose, frutto di una società sbagliata che ci preferisce addormentati piuttosto che svegli.
 Basta pensare che si possa essere felici perché si ha un naso bello oppure lo si opera per renderlo tale allo specchio.
La felicità non è essere magri o grassi o se la felpa che si indossa è firmata all'ultimissima moda. Tornare al Vangelo vuol dire liberarci dalla nefasta idea che il mondo sia dei furbi e dei forti.

Siamo noi francescani i primi a dover dare esempio di coerenza nella nostra vita con una diversa dimensione dell’esistere. Il male avanza fino a che lo facciamo avanzare, ma poi, davanti al bene, arretra e fugge via. Allora possiamo anche creare un impegno a partire da domani mattina:

Guardiamoci allo specchio, guardiamo i nostri occhi e cerchiamo di scorgere in essi la luce che spesso ovattiamo con la nostra tristezza immotivata.

Come diceva Susanna Tamaro in un suo scritto:
“La luce è dentro di noi. Ci aspetta da prima che noi nascessimo. Ci aspetta in fondo al cuore. Sta lì con pazienza e mitezza ad attendere che facciamo un passo per andarle incontro”.

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