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martedì 13 gennaio 2015

La debolezza che diventa fortezza!

L’uomo, secondo molti, non dovrebbe avere debolezze.

L’amore veicola la debolezza e per costoro diventa deleterio amare, rende vulnerabili, sensibili e fragili come vetro, scriveva il cardinal Ravasi.

C’è un fondo di verità in tutto questo: amare vuol dire soffrire, essere tormentati a ogni mancanza, opinione o idea discorde.
A volte la tormenta del cuore può diventare disperazione al punto da compiere gesti estremi.
Eppure, quanto sono belle e vere le parole di Ravasi che, con acume, paragona l’uomo privo di amore come un legno rinsecchito, morto.
San Paolo fa di più.
Paragona l’individuo non in grado di amare come un bronzo che non rimbomba, un cembalo stonato. 
Allora, viviamola tutta questa eroica, gloriosa e bella “debolezza dell’anima”. Amiamo fino a farci male, fino ad annullarci.
Dichiariamo al mondo e anche a noi stessi che ogni giorno che non amiamo, ogni ora o attimo in cui manchiamo in questo, ci sentiamo mostri, o, peggio, cadaveri in cammino.
Diventiamo portatori di vita.
Dove non c’è l’amore, portiamolo e nascerà la vita vera.
L’esistenza, anche la più grigia, diventerà luminosa, un prato fiorito al posto del deserto, una somma di giorni pieni di luce e non incolori.
Saremo continuamente nella sorpresa perché nell'amore è l’inizio e la fine di ogni vita.

Chi non ama rimane nella morte, urla quasi San Giovanni nella sua magnifica prima lettera detta dell’Amore!
Il grande teologo Bultmann gli fa eco:
 “Chi non ama non solo è preda della morte, ma diventa lui stesso morte, è un’omicida”. 
Verissimo!
Un’accusa drastica per ognuno di noi:
 Chi non ama rimane nella morte, scrive Padre Gasparino in un suo godibile libercolo.
I ricchi che hanno tutto, ma non amano? Cadaveri. I sapienti che sanno tutto, ma non amano? Cadaveri. I potenti che tutto possono, ma non amano? Cadaveri.
Il mondo non ha bisogno di morte ma di vita.

 Noi cristiani dobbiamo propagare la vita.
Troppa gente nasce, vive e muore nell’odio, perciò non nasce mai, né vive mai. È già morta! Bellissimo il pensiero di Bultmann che dice:
 “L’amore di cui si deve amare si fonda sull'amore di cui si è stati amati: dal suo amore per noi comprendiamo cosa sia veramente l’amore”. 

Amare non è chiacchierare, sbandierare sorrisi.
Amare è dare, anche quello che costa di più, dare noi stessi, la vita.
Cristo è il maestro dell’amore, lui ha dettato l’amore, lui ha mostrato l’amore, lui ha pagato l’amore. Solo sull’amore di Cristo si fonda l’amore del cristiano.
Certo è un modello esigente, che chiede tutto!

Scriveva S. Agostino:
“La carità è quella perla preziosa senza la quale nulla ti giova, qualunque cosa tu possegga. Se invece possiedi solo la carità, essa sola ti basta!”.
E ancora:
“Ognuno esamini le sue opere, se i rami delle buone azioni fioriscono dalla radice dell’amore o no”.

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