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domenica 16 novembre 2014

Santa Elisabetta d'Ungheria e San Ludovico campioni di Dio!

Santa Elisabetta d’Ungheria (1207-1231), principessa, giovane e santa 

Qual è la cosa più importante della nostra vita?
È tutto l’amore che non avremo dato alla fine; alla natura, agli uomini e a noi stessi.
È il bene che non abbiamo mai voluto fare, presi come siamo dal nostro egoismo, dal nostro operare per l’accumulo dei soldi e del potere su questa misera terra.
Il resto non ha granché di importanza.
Spesso non ci si rende conto di quanto magico sia il momento che viviamo e di che portata quell'attimo sarebbe se lo dedicassimo all'amore verso gli altri.

Ben lo sapeva Santa Elisabetta d’Ungheria, la patrona dell’Ordine Francescano Secolare, sovrana fuori dall'ordinario, che volle dedicare tutti i minuti della sua vita e i privilegi del suo regno alla cura amorevole degli ultimi.
Questa donna ha vissuto il Vangelo di Cristo nel suo stato di vita come principessa, sposa, madre di famiglia e poi giovane vedova.

Era nata in Ungheria nel 1207 dal re Andrea II e da Gertrude, morendo a soli 24 anni, nel 1231 in Germania. Nel 1221 sposò Ludovico, chiamato anche Luigi IV. Il marito di Elisabetta, però, qualche anno dopo partì per le Crociate con Federico II. Il sovrano morì a Otranto per una epidemia, lasciando Elisabetta con tre figli.

La mistica donna continuò una vita di solidarietà e povertà, offrendo tanti danari per la costruzione di un ospedale intitolato a San Francesco, il suo grande ideale di vita e, per questo, divenuta la patrona delle famiglie religiose scaturite dal carisma del Poverello.
Si fece lei stessa mendicante per i poveri, sperimentando su di lei l’indigenza, tanto che fu definita “Pauperum consolatrix”, consolatrice dei poveri e “Famelicorum reparatrix”, soccorritrice degli affamati.

Le figure eccezionali di santi, Ludovico e Elisabetta, questa coppia di reali senza corona di superbia ha reso visibile ciò che tutti dovremmo vedere perfettamente: se è vero che ogni essere umano è creato da Dio a Sua immagine, non è possibile pretendere di amare Dio e, contemporaneamente trascurare i bisogni o, addirittura disprezzare la Sua immagine sulla terra.

Elisabetta ha saputo farsi prossima, avvicinarsi, impegnarsi per essere accanto a ogni creatura sofferente, in modo creativo, concreto, così come è implicito nel verbo fare.

È giusto parlare di utopia quando si hanno esempi fulgidi come quello di questi due sovrani? Non è utopistico niente se abbiamo con noi la forza del Signore.
È lui il fondamento, la possibilità concreta del nostro amore per gli altri. Elisabetta, insieme al consorte, è giunta ai vertici della carità, seguendo l’esempio di San Francesco d’Assisi che, quasi prendendo i due per mano, li ha condotti al Signore attraverso la carità più pura, quella che supera la
logica della reciprocità, amo solo chi mi ricambia.

La figura di Santa Elisabetta, soprattutto per noi francescani secolari, in realtà per tutti, deve aiutarci a capire che l’altro, in quanto persona, è sempre un mistero e che noi dovremmo sforzarci di vedere chi ci sta vicino con “occhi nuovi”, fatti di rispetto, stupore, umiltà e amore.

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