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sabato 29 novembre 2014

L'ATTESA: Prima domenica di Avvento ANNO B

Isaia 63, 16 b-17.19 64, 1-7; 1 Corinti 1,3-9; Marco 13,33-37 

Dal Libro di Isaia: 
Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Siamo diventati come coloro su cui tu non hai mai dominato, sui quali il tuo nome non č stato mai invocato. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi: 
Fratelli, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo. Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza. 

Dal Vangelo secondo Marco: 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. E` come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!". 


L’anno liturgico ciclo A si è appena concluso con l’invito pressante alla vigilanza e alla preghiera perché non è dato sapere quando il Signore ci chiamerà.
 Anche all'inizio dell’anno B e nella prima domenica di Avvento siamo invitati, attraverso le parole dell’evangelista Marco, a “vegliare”, vigilanti nell'attesa.
Questo è il tempo di attesa della nascita di Gesù e dobbiamo prepararci ad accogliere degnamente il Verbo che si incarna in mezzo a noi, tenendo fermo il pensiero sul Signore che viene. Possiamo farlo ritrovando il gusto della preghiera e nell'ascolto della Parola di Dio. Solo così possiamo instaurare un tempo di colloquio intenso con il nostro Creatore.
Attraverso la preghiera e la meditazione possiamo vivere costantemente la tensione buona dell’attesa, tenendo accesa in noi la lampada del desiderio del Signore. L’attesa operosa è foriera di cose nuove e sante.
Nella nostra vita ci prepariamo sempre ad un evento nuovo per poter poi godere di quella situazione quando arriva.
È stato così per l’attesa di un figlio, per il nostro matrimonio, o quando abbiamo programmato una vacanza tanto agognata.
Mesi di pensieri, sogni, desideri, anticipando gioie, gesti, parole e situazioni. È così anche per l’incontro con la persona amata, Gesù Salvatore.
Viviamo nella fiducia che esso sarà realtà.

Ecco l’invito dell’Avvento e del brano evangelico di Marco.
L’attesa ci impegna a orientare le nostre scelte funzione dell’incontro per dare senso e compimento al nostro agire. Qualcuno potrà vedere nelle parole evangeliche:
 “Vigilate perché non sapete quando sarà il momento preciso”, qualcosa di minaccioso e oscuro. Tutt'altro!
Il giorno e l’ora non ci viene detta semplicemente perché ogni momento della nostra esistenza è quello buono per aprirsi al Vangelo e impegnarvi la vita.
Non dobbiamo essere condizionati o, peggio, ossessionati dalle scadenze. Gesù ci vuole viventi e profondamente impegnati nell'ascolto e nel lavorio incessante per edificare il suo Regno sin dalla nostra vita terrena.
L’attesa dell’appuntamento con la salita al Cielo, nel Regno dei Beati, non deve darci ansia, trepidazione, ma gioia immensa e fiducia in Dio.

C’è un secondo insegnamento nel vangelo di Marco. Ci ripete di stare attenti.
Noi prestiamo attenzione a mille cose nella vita, al denaro, alla salute, al divertimento, alla guida in auto, a curare i nostri interessi.
Forse non rimane molta di questa attenzione per il nostro prossimo e per il Signore! Lui passa accanto a noi, nelle sembianze di un povero, di un sofferente e noi, presi dagli affanni e dalle attenzioni di cui sopra, non ce ne curiamo.
Anzi, siamo preda di un pessimismo profondo e non apprezziamo davvero la vita come dono. Riscopriamo quindi la virtù per eccellenza dell’Avvento: la speranza, il guardare con fiducia il futuro e con realismo il presente.
Dio è legato a noi a doppio filo, non può rimanere lontano dal suo servo

La prima bellissima lettura, tratta dagli scritti di Isaia, capitolo 63, ci porta a scoprire l’attesa desiderosa del popolo di Israele per le venuta del Messia, promesso e annunciato come prossimo dai profeti.
C’è un momento di grande intensità che è l’invocazione accorata del versetto 19: “Se tu squarciassi i cieli e discendessi”.
Ancora profonde le parole cariche di desiderio:
“Ritorna per amore dei tuoi servi … mai si udì parlare di un Dio che abbia fatto tanto per chi confida in lui …”. I
l popolo è consapevole del suo peccato!
Chiede perdono con fiducia e dice:
 “Tu sei nostro Padre, noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani”.
 Queste bellissime parole, tutte da rileggere e meditare, ci offrono un suggerimento per la nostra preghiera e contemplazione:
 “Tu, Signore sei nostro Padre”. Tu hai voluto la nostra vita, ci hai affidato i fratelli.
Fa che chiunque venga a noi se ne vada sentendosi meglio perché ha visto la Tua bontà nei nostri occhi.
Non lasciarci cadere in balia del peccato, del sonno spirituale.
Fai che siamo capaci di essere autentici nel servizio, di saper ascoltare l’altro con pazienza, lasciandogli la possibilità di parlare.
Solo nell'atteggiamento dell’umiltà di ascolto potremo scendere dal nostro piedistallo per saper bussare con discrezione nella vita degli altri.
Tu che ci chiami servi, donaci di riconoscerci in Te che ti sei fatto servo per noi. La seconda lettura, tratta dalla prima lettera ai Corinzi di San Paolo, trova l’Apostolo che si rallegra con i cristiani di Corinto, comunità toccata dalla grazia di Dio in abbondanza di doni, perché vivono bene e intensamente l’attesa della venuta del Signore, il quale, quando verrà, li renderà irreprensibili, santi e immacolati.

Possa veramente Gesù, nel venire, fare questo per tutti noi! Purtroppo per noi l’attesa non piace molto al mondo di oggi. Nessuno pensa all'attesa come a una gioia. L’attesa si identifica come perdita di tempo, noia infinita, qualcosa da fuggire. È la cultura del nostro tempo fatta di velocità, di azione. Il verbo predominante è “agire”. Riscopriamo in questo tempo forte, la gioia di lasciare agire in noi quel Dio che non ci abbandona mai. Lasciamo agire la provvidenza, abbandoniamo il controllo esasperato del nostro futuro e viviamo l’attimo presente, l’unico che ci appartiene veramente, donandoci con la preghiera a Dio e con le opere ai fratelli.

Allora si che il nostro Avvento ci porterà cose nuove che andranno oltre le previsioni o l’immaginazione di ognuno di noi.

Ecco che San Paolo sembra dirci, attraverso le parole immortali dedicate ai fratelli Corinzi, che di Dio possiamo fidarci senza paura alcuna. Anche a noi sarà data la grazia che hanno ricevuto i Corinti e ci sarà donata la piena comunione con Lui.
Ma dobbiamo vivere intensamente e profondamente l’attesa.

D'altronde, l’Avvento ci ricorda in primo luogo che il nostro non è un Dio chiuso in se stesso ma è un Dio che viene verso di noi. Ci raggiunge con i Sacramenti, anche negli eventi della nostra vita, nelle prove e nelle sofferenze.
Come potrebbe essere altrimenti? Egli ci ha creato e ha cura di noi, siamo suoi, gli apparteniamo e ci ama profondamente.
 Cogliamo l’occasione per meditare, in questa prima di Avvento, che il Salvatore viene sotto le sembianze dei fratelli più piccoli.

Ecco il senso dell’”Evangeli Gaudium” di Francesco:
 “Usciamo con coraggio dalle nostre comodità, per raggiungere le periferie del mondo, lì dove i fratelli vivono nelle difficoltà”.
Solo così l’Avvento ci legherà profondamente a Gesù che viene. Solo così saremo servi fedeli. Il servo, secondo il Vangelo è uno che scrive sulla sabbia quello che dona e incide sulla pietra quello che riceve, è colui che appartiene alla razza di quanti, dopo aver fatto il loro turno dicono:
“Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”: (Luca 17,10)
Viviamo purtroppo in un lungo inverno di sentimenti inariditi e di narcisismo asfissiante, i cui miti sono l’auto realizzazione a ogni costo, l’auto gratificazione a qualsiasi prezzo. Noi camminiamo contro corrente.
Riscopriamo il Natale a cui ci prepariamo pensando che c’è più gioia nel sentirsi amati che nel venire compensati.

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