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giovedì 4 dicembre 2014

II DOMENICA DI AVVENTO CICLO B: L'ATTESA

Isaia 40,1-5.9-11; 2 Pietro 3,8-14; Marco 1,1-8 

Dal libro del profeta Isaia 
«Consolate, consolate il mio popolo, dice il Signore. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità, perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura. Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato». 

Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo 
Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia. Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, cercate d'essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace. 

Dal vangelo secondo Marco 
Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: "Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri", si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».

L’inizio del Vangelo di Marco è anche il suo finale.
L’Evangelista svela che Gesù è il Cristo, il Messia promesso.
Lo fa, quasi a scongiurare equivoci o per zittire i falsi profeti. Gesù è il Cristo, Figlio di Dio e per render chiaro questo messaggio di evidenza, mette insieme tre citazioni dell’A.T. dimostrando, seppur ce ne fosse bisogno che l’opera del più grande dei Profeti, il Battista, era abbondantemente già stata prevista nelle scritture profetiche.

Ce lo dicono questi tre testi densi di speranza, gioia e consolazione:
Esodo 23,20; Malachia 3,1; Isaia, 40,3.

Esodo: “Ecco io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e farti entrare nel luogo che ho preparato”.
Malachia: “Sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalle stalle”.
Isaia, infine, 40 di cui meditiamo uno stralcio nella prima lettura di questa domenica di Avvento e dove si parla al popolo in esilio a Babilonia, annunciando la prossima fine della schiavitù.

È necessario, dice Isaia, preparare una strada nel deserto per il ritorno degli esiliati.

Il deserto da attraversare ricorre anche nel Vangelo di Marco. Giovanni Battista opera in una landa squallida, in un deserto senza fine.
Il deserto è un luogo denso di significati nella Bibbia, rappresenta alleanze, liberazioni, prodigiosi annunci che in greco si chiamavano KERUSSEIN.
Per noi è semplicemente il luogo dell’annuncio di salvezza!
Il Battista l’annuncia da uomo ultimo, sporco, vestito di pelli animali e cibato di insetti e miele di roccia, beduino tra i beduini.
Eppure, in questa condizione precaria, porta a noi un nuovo Battesimo di conversione per accogliere, a cuore aperto, Colui che battezzerà in Spirito Santo.

La metafora di questa seconda di Avvento è la “strada”, la “via”. Siamo un popolo in cammino verso un luogo dove risuona la Parola di Dio.

Il cammino di Avvento, però, è quello della speranza.
Come i deportati di Babilonia che percorrono nelle lacrime il loro cammino duro da prigionieri in una strada che diventerà dritta e senza inciampi, nella gioia della liberazione, così anche per noi questo cammino di conversione porterà felicità e perdono del Signore.
L’editto del Re Ciro permise agli Ebrei di tornare in patria. A noi non serve un editto, è la venuta del Signore che di fatto ci libera dai legacci del passato.
Verrà il Signore, come pastore che guida il suo gregge adattandosi al cammino di ciascuno, portando “in braccio gli agnellini e conducendo pian piano le pecore madri”.

Noi dobbiamo fare la nostra parte! Abbassiamo quindi le colline della nostra superbia, del nostro credere di poter fare a meno del Signore.
Presentiamoci a Lui con cuore nuovo e riconciliato.
Arriverà presto Gesù, l’”Archè” greco, cioè il fondamento su cui costruire e ricominciare una vita più giusta e piena di Dio.

La Seconda Lettera di San Pietro pare ricordarci che questo tempo è carico della presenza del Signore. La promessa dei “cieli nuovi e terra nuova” dovrebbe generare in noi il desiderio di una vita nuova, di autentica santità. Pietro ci dona certezze.
Le cose possono cambiare in meglio. Più giustizia, più pace, più serenità. Dipende da noi e dalle nostre azioni non instaurare la legge del più forte, del prepotente, “rendendo dritta la strada storta”.

E comunque, Dio distruggerà la malvagità di questo mondo.
A noi non scoraggiarci di questa presunta lentezza del Signore.
Noi affrettiamo il suo intervento con la testimonianza, con il coraggio di cambiare le nostre abitudini grette. E come accade nelle prime comunità cristiane in cui qualcuno dubita dell’intervento divino, anche nella nostra epoca si moltiplicano i non credenti.
L’attesa del ritorno di Gesù non è questione di tempo ma di qualità dei giorni che ci sono concessi. A noi questo tempo è dato per utilizzarlo al fine di una conversione per “essere senza macchia al suo cospetto”.


Attualizziamo tutto ciò che abbiamo detto:
Chi non nutre speranza per il futuro e non lo attende con fiducia non riesce a vivere creativamente il suo presente. Nell'attesa paziente, fedele e fiduciosa dell’amato, capiamo quanto di bene Lui abbia colmato la nostra vita. Nell'attesa sappiamo trovare la via maestra verso la meta desiderata. Attraverso i profeti Dio ci parla, ci indica la sua presenza costante, ci invita a non tener conto di abitudini, pregiudizi, luoghi comuni del mondo di oggi.

Prendiamoci del tempo per riflettere sulle attese della nostra vita, per convertirci pienamente nel Signore.

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