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sabato 13 dicembre 2014

III DOMENICA AVVENTO: CICLO B

Isaia 61,1-2°.10-11; 1 Tessalonicesi 5,16-24; Giovanni 1,6-8.19-28 
 “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio”.

Dal libro del profeta Isaia 
Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; 
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, 
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, 
la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore. 
Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio ... 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 
Fratelli, state sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. 
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. 
Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione ...

Dal Vangelo secondo Giovanni 
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. 
Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 
Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. 
E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Chi sei tu?”. Egli confessò e non negò, e confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Che cosa dunque? Sei Elia?”. Rispose: “Non lo sono”. “Sei tu il profeta?”. Rispose: “No”. Gli dissero dunque: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?” Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo”. 

La domanda da porsi preliminarmente è: Diamo la giusta importanza alla venuta del Cristo nel mondo?.
Se lo facessimo davvero, allontanando da noi tutta il terribile sfruttamento mediatico e commerciale del Natale, potremmo dire di essere davvero nella gioia.
È, infatti, la domenica della gioia!
Il Signore è vicino e la Chiesa ci invita a pregustare la gioia del Natale.
Tutta la liturgia è tesa alla comunicazione della felicità per l’incontro ormai prossimo con il Salvatore.
Se dovessimo condensare in tre atteggiamenti la nostra preparazione all'evento della nascita di Gesù dovremmo guardare attentamente alla seconda lettura di Paolo che suggerisce le parole: gioia, preghiera e gratitudine.

Cercheremo di comprendere il significato profondo dell’invito alla gioia che non è soltanto personale ma che deve essere esteso a tutti attraverso di noi, testimoni di luce tra le tenebre e la tristezza che non mancano in questo mondo.
Ecco, subito, l’annuncio vitale del Vangelo di Giovanni, primo capitolo: il Battista non è soltanto una figura ascetica, concetto sul quale si soffermano molto i Sinottici, ma è un testimone e lo sarà fino al martirio. Giovanni dopo il prologo, narra di sette giorni di Gesù, in cui nell'ultimo, il settimo, si racconta della testimonianza del Battista.
L’allegoria appare chiara: sette sono i giorni della creazione e della sua luce, raccontata da Genesi,(1,3), sette i giorni narrati e nell'ultimo si testimonia della Luce che invade i cuori degli uomini come in una nuova creazione!
Il più “grande dei profeti in terra”, ai sacerdoti e i leviti, inviati dai farisei di Gerusalemme per indagare, attesta che non è lui il Cristo che salva, non è neanche Elia redivivo.
È soltanto “voce di uno che grida nel deserto”, ricordando le parole di Isaia.
La missione del profeta provocava perplessità, qualcuno lo credeva il Messia, altri un facinoroso, anche un tantino pericoloso.
Ecco il senso della commissione di esperti, inviati per capire il senso della vita austera di quest’uomo. Anche noi, dando forte testimonianza ad un mondo distratto e peccaminoso, corriamo il rischio di non essere capiti, di essere visti come persone assurde.
 La sua testimonianza va fino all'estremo quando proclama le famose parole:
“Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere, io diminuire”.

Gioia e testimonianza, gioia che viene dalla testimonianza! il grande significato di questa domenica? Siamo invitati ad esultare perché ci è stato affidato il grande onore e onere di testimoniare la Luce che viene nel mondo.
Dobbiamo testimoniare ma senza inorgoglirci, nell'umiltà di chi sa di essere servo inutile e di essere destinato a diminuire.
Prendiamo esempio da Giovanni Battista. La sua è abnegazione totale. Negare se stesso è condizione irrinunciabile per fare posto al Signore.
In questo Natale cerchiamo di fare vuoto in noi stessi per perché ci sia spazio per il nostro Creatore. Giovanni Battista sembra dirci che il nostro istinto e bisogno di salvezza, cioè pienezza di vita, di pace e di gioia, è possibile solo in comunione con Dio.
Ecco il senso dell’invito a “preparare la via del Signore”, ad aprire le porte dei nostri cuori.

La prima lettura tratta dal Libro di Isaia, capitolo 61, è famosa anche perché i primi versetti di questo oracolo, in cui il profeta parla in prima persona come se ricordasse la sua personale vocazione, verranno poi proclamati da Gesù agli allibiti farisei della sinagoga di Nazaret.
Le parole fanno intendere chiaramente, da parte di chi le pronuncia, che è colmo di Spirito Santo.
Lo capiamo bene grazie a due verbi: “Mi ha consacrato” e “mi ha inviato”.
Cinque secoli dopo, Gesù dirà che la salvezza annunciata da Isaia ora diventa possibile grazie alla Sua venuta. Niente è impossibile a Dio. La missione del Salvatore ha lo scopo di “fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi e la scarcerazione dei prigionieri …”. La gioia del profeta prorompe contagiosa nella domenica del “gaudere”! “Io gioisco pienamente nel Signore”. E l’antifona dì’ingresso fa l’eco: “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi sempre. Il Signore è vicino”. (Fil 4,4-5).

Nella seconda lettura, l’apostolo Paolo ai Tessalonicesi, ma anche a noi, suggerisce come attendere la venuta del Signore.
Gli atteggiamenti che dovrebbero essere abituali, ora sono indispensabili: gioia, preghiera e rendimento di grazia per i tanti doni e benefici ricevuti nella vita. In frasi semplici ma di grande profondità, l’uomo di Dio ricorda come deve essere la vita quotidiana del discepolo. È necessario vivere nella luce di chi attende il Redentore, cercando la volontà di Dio, non spegnendo lo Spirito, con grande impegno incessante, combattendo la “buona battaglia” con la preghiera perseverante che ci fa entrare in profonda relazione con il Signore. Viviamo quindi la Parola di questa domenica ripetendoci spesso le parole di Isaia 61,10: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio”.

Nel Regno del Signore non può mancare la gioia perché un cristiano triste perennemente non è tale. La vita cristiana è beatitudine che non si smentisce mai.
Frequentiamo quindi con assiduità il Vangelo, la buona novella che ci viene donata e preghiamo lo Spirito di venire in noi e farci diventare gioia, preghiera, ringraziamento e carità.

Per la contemplazione personale:
Quasi tutti gli uomini vivono di apparenza. Vorremmo sembrare quello che non siamo, migliori degli altri, più bravi, più belli, più intelligenti, più … più … In verità vorremmo sempre essere al di sopra degli altri, punto di riferimento per tutti e questo ci dona tutt'altro che la pace desiderata. L’esempio del Battista è fulgido: “Io non sono”, dice a chi gli chiede di affermare la sua personalità. Anzi … “non sono degno di slacciare i lacci dei calzari …”.
Utilizziamo il seme dell’umiltà e diciamo anche noi: “Non sono”!
Riempiamo la nostra vita di atti di umiltà, evitiamo di voler apparire, mettendoci nelle retrovie della vita. Fai che impariamo dal Battista a vincere l’orgoglio perché solo così possiamo preparare la via alla Tua venuta. Amiamo davvero i nostri fratelli, doniamo noi stessi agli altri anche solo con un sorriso, con un gesto. Avremo in cambio pace del cuore, beatitudine dell’anima in eterno.

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