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mercoledì 10 dicembre 2014

L'Avvento, occasione d'oro per ricominciare!

Per sant'Agostino “la vita è ginnastica del desiderio. Facciamo dell’Avvento un ristoro per l’esistenza e l’anima! 

“Ricominciamo”!
 Più che cantare, gridava così Adriano Pappalardo, cantante meteora dei favolosi anno’70, quello che urlava sulle note e strabuzzava gli occhi mentre sembrava voler mangiare il microfono che aveva davanti.
Ho voluto scrivere questo articolo per dire: Basta facce segnate, impaurite!

La realtà di chi ha il dono della fede, è sempre positiva.

L’Europa, ha detto Papa Francesco, non deve ruotare intorno all'economia ma intorno alla sacralità della persona umana.
Come siamo arrivati in questo mondo d’oggi, a calpestare la dignità delle persone, sia di quelle che lavorano che dei milioni di disoccupati, io lo so perfettamente.
Abbiamo, purtroppo, abbandonato l’idea di un Dio che ci cammina accanto.
L’uomo di oggi, nella maggior parte dei casi, è immerso nella superbia, nell'ipotesi migliore nella inquietudine e nella convinzione che nulla cambierà mai.
Siamo ormai fragili cocci di terracotta, annoiati, deboli e anche privi di interessi, direi indifferenti al dono della vita.

C’è anche un’altra categoria di persone che, meditando la conversione di San Paolo, sulla via di Damasco, crede di potersi salvare in maniera fatalistica, per intervento divino.
Pensano che prima o poi Dio manderà, come gocce di pioggia, la fede sul capo di ognuno di noi. Lo Spirito scenderà sulle teste, come nuova Pentecoste individuale.
Il Signore, amici miei, esige l’intervento di ognuno di noi.
La fede non è una folgore che ti colpisce senza che tu faccia niente.
San Paolo, quando cadde da cavallo, diventando momentaneamente cieco, conosceva il Dio dei cristiani, ci credeva a modo suo, ma il Signore era già insinuato nel profondo delle sue membra. Occorre metterci in cammino senza ansie e non attendere, da lassisti, un pacco dono per il Natale con sopra scritto: “Fragile! Contiene fede”.
Magari ci sarà anche qualcuno che pensa a un disguido postale per il pacco che tarda ad arrivare.

Capiamoci bene: Inutile attendere le luminarie, distribuire regali a destra e a manca per regalarsi un Natale gioioso se non iniziamo una revisione completa della nostra miserabile esistenza fatta di indifferenza per gli altri. Mettiamoci in cammino!
Accogliamo a braccia aperte chi può donarci gioia, salvezza, senso della vita. Non affidiamoci sempre alla casualità assoluta.
Determiniamo noi stessi quello che saremo per il resto della nostra povera vita!
Negli squarci di vita quotidiana apparentemente banali che scorrono sotto gli occhi, cerchiamo di accorgerci di quelle cose piccole che rendono significative le nostre ore su questa terra. Chiediamoci chi ci dona tutto questo.
E non fermiamoci al solito luogo comune di un mondo che sta cambiando, dove non esistono più certezze né ideali, dove ferite e lacerazioni provocano smarrimento e scetticismo per il futuro. Combattiamo questo non ricorrere alla Provvidenza. 

L’occasione dell’Avvento è ghiotta!
Riscopriamo i due verbi, attesa e attenzione.

Hanno medesima radice, cioè “tendere a”, rivolgere mente e cuore a chi può darci vita, quella vera. È possibile volersi bene, non è utopia la gioia cristiana, non è impossibile vivere senza paure, senza dover rinunciare a nulla, senza dover nascondere o censurare la nostra umanità.
Utilizziamo quell'energia incontenibile che lo Spirito ci dona e della quale, spesso, non conosciamo l’esistenza.
Ricominciamo a vivere! Ogni mattina, ogni istante!
Tutti in cammino, per farci prossimi, Dio a noi, noi agli altri, io a me stesso.
Abbreviamo le distanze tra cielo e terra, tra uomo e uomo, tra uomini e Dio.
Dice Isaia: “Perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te”?
È come se fossimo tutti malati di “sclerocardia”!

Se avremo il cuore dolce in questo Avvento, saremo perdonati e torneremo a vivere. Ci allontaneremo da un’esistenza dormiente che non si cura di albe e tramonti, ma che è dominata dalle distrazioni di un mondo barbaro.
L’incontro con Cristo, con il Bimbo che sta per arrivare nell'umiltà di una grotta, è un’esperienza in grado di ridestare l’umano che c’è in ognuno di noi, dando il via al cammino decisivo dell’esistenza, verso quella felicità che il Signore ha promesso ad ogni uomo!

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