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giovedì 16 ottobre 2014

Gentilezza e tolleranza nei figli di Dio!

Mi è capitato di leggere una frase che mi è parsa bellissima, tanto che l’ho copiata e riposta in tasca, dentro il portafogli.
Diceva più o meno così:
“Quando sei nato tutti sorridevano e tu solo piangevi. Vivi in maniera che quando morirai, piangano tutti e tu sorrida”.
Spesso mi chiedo perché esisto e chi sono io.
Un giorno sono venuto alla luce, mi è stato dato un nome, sono cresciuto.
E che significato ha la mia vita? Solo la fede può dare risposte.
Quello che ho capito è che posso sottrarre alla banalità la mia povera esistenza solo se riuscirò ad essere in grado di far fruttificare i talenti donati da Dio.
Come tessera di un grandioso mosaico, come nota di celestiale melodia, siamo tutti nel mondo per fare la nostra parte, e renderlo armonioso.
Di sicuro è massimamente importante il rapporto con i nostri fratelli!
Saremo giudicati per la nostra tolleranza verso di loro!
La pazienza verso gli altri, l’essere pacifici può farci sorridere alla fine della nostra vita.
Perché chi ha pazienza e umiltà dice il Vangelo di San Matteo (5,9), sarà chiamato figlio di Dio!

Nel classico della spiritualità cristiana, il libro della “Imitazione di Cristo” (II,3), si medita che:
"Non è grande merito stare con persone buone e miti, è cosa questa che fa piacere naturalmente a tutti e nella quale troviamo facile contentezza, giacchè amiamo di più quelli che ci danno ragione …”.

Francesco d’Assisi che ben sapeva la difficoltà di sopportare gente scomoda ricordava nelle sue ammonizioni, in particolare la decima terza, di “essere miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come si conviene ai figli di Dio”. (F. F.85)

La pazienza verso gli altri e il suo frutto, l’umiltà, oggi è merce rara. È un’arte sempre ardua da praticare in un mondo in cui le persone sono sempre più difficili, introverse, sospettose, strane e, a volte, un pochino carogne.
Il Signore nel chiederci di amare di più proprio costoro, ci chiede tanto ma è anche vero che, alla fine dei nostri sforzi, ci renderà il centuplo sicuramente.

Accogliere l’altro com'è veramente, accettare il suo mistero non è semplice.
Bisogna annientare se stessi per avvicinarsi alla riuscita di questo.

Il fratello difficile è egocentrico, inquieto, frustrato e dal carattere impossibile.
È un individuo che contrasta, che ti rende contrariato, che t’intralcia, che subdolamente trama alle spalle, disapprova il tuo operato, obietta, contrappone e dileggia sparlando di te agli altri.
 Tutto questo mette a dura prova l’umiltà che crediamo di avere e di cui spesso manchiamo.

 Chi può affermare di avere avuto in tali situazioni, umiltà e carità necessarie per amare, nonostante tutto, questo nemico?
Eppure dovremmo pensare che il fratello “difficile” è soprattutto un infelice non amato da alcuno! È un condannato alla solitudine e alla morte interiore! Se lo facessimo sentire amato davvero, forse i suoi atteggiamenti cambierebbero miracolosamente.

Pazienza e umiltà, ripeteva S. Agostino, non sono mai troppe.
La virtù, però diceva San Francesco, si vede nella prova, quando si lotta con rigore, contro se stessi e le sicurezze si perdono dietro a urla e risentimenti.
La pazienza è tanta o poca? Tutti noi abbiamo fatto esperienza di ciò e, in cuore nostro sappiamo fino a quando siamo miti e umili, se lo siamo davvero!
Forse sarebbe il caso di meditare ogni mattina l’inno alla carità, quella superba, ineguagliabile pagina che San Paolo, sotto il divino intervento dello Spirito Santo, ha regalato al mondo non solo cristiano ma ad ogni individuo di buona volontà e apertura sociale.

Rileggiamo col cuore in mano:
“La carità è paziente, è benigna, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode delle ingiustizie, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta … “
(1 Corinzi 13, 4-8)

Dio è carità e solo chi vive nella carità è unito a Dio. Scriviamoci una frase e portiamola sempre con noi, è di Raoul Follerau:
“Un sorriso costa meno dell’elettricità e dona più luce!

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